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MONTEPAONE (CZ) – Richiede una risonanza magnetica, la prenotano per il 23 ottobre 2015

RMN [1]

La storia di una donna montepaonese che per sottoporsi all’esame dovrà attendere un anno con il ginocchio gonfio e dolori lancinanti senza sapere qual è la patologia di cui soffre

Fonte: articolo di Gianni Romano (Il Quotidiano del Sud, in precedenza Il Quotidiano della Calabria)

MONTEPAONE (CZ) –  30 OTTOBRE 2014 – Un dolore atroce ad un ginocchio, La rotula gonfia e la presenza di  liquido inducono una donna residente a Montepaone a recarsi dal proprio medico di base, dopo la visita il medico prescrive alla donna una risonanza magnetica.

La donna si reca al reparto di accettazione del l’ospedale ma con grande sorpresa gli viene prenotata la visita presso il presidio ospedaliero Pugliese- Ciaccio di Catanzaro per il giorno 23 ottobre 2015, un anno esatto.

«Ma come è possibile  – si chiede la donna – resistere con questo gonfiore al ginocchio per un anno intero senza sapere quale è la mia patologia». Alla domanda della donna se era possibile fare la risonanza in tempi brevi gli avrebbero detto di rivolgersi a strutture sanitarie a pagamento, «ma come a pagamento  – diceva la donna – non riesco ad arrivare alla fine del mese con la mia pensione, perché a pagamento?».

La risonanza magnetica in campo medico è usata prevalentemente a scopi diagnostici nella tecnica dell’imaging a risonanza magnetica (detta anche tomografia a risonanza magnetica). Le indagini mediche che sfruttano la Rmn danno informazioni diverse rispetto alle immagini radiologiche convenzionali: il segnale di densità in Rmn è dato infatti dal nucleo atomico dell’elemento esaminato, mentre la densità radiografica è determinata dalle caratteristiche degli orbitali elettronici degli atomi colpiti dai raggi X.

Le informazioni fornite dalle immagini di risonanza magnetica sono essenzialmente di natura diversa rispetto a quelle degli altri metodi di imaging. Infatti sono normalmente visibili esclusivamente i tessuti molli ed è inoltre possibile la discriminazione tra tipologie di tessuti non apprezzabile con altre tecniche radiologiche. Anche se non sono usati raggi X per ottenere il risultato, questa modalità è normalmente considerata come facente parte del campo della radiologia, in quanto generatrice di immagini correlate alle strutture all’interno del paziente.

Allo stato attuale delle conoscenze non vi sono motivi per ritenere dannoso un esame di risonanza magnetica (eccetto per gli ovvi casi in cui il campo magnetico interagisca con impianti metallici presenti nel corpo del paziente, quali pacemaker, clip vascolari, dispositivi salvavita non compatibili con la Rmn)) per quanto debba essere preservato il principio di giustificazione in alcuni casi particolari, come indagini da eseguirsi su pazienti in gravidanza.

In tali casi si deve ritenere la metodica potenzialmente dannosa e procedere all’indagine soltanto dopo attenta valutazione del rischio/beneficio, sulla cui base l’eventualità del danno dovuto alla metodica passa in secondo piano rispetto al beneficio ricavabile dalle informazioni da essa provenienti.

Spesso , in campo medico, si preferisce scrivere “risonanza magnetica” (Rm) e non “risonanza magnetica nucleare” (Rmn) omettendo la specificazione “nucleare”, non indispensabile alla definizione, per evitare di generare equivoci e falsi allarmismi, spesso associati all’aggettivo nucleare e ai rischi di radioattività, fenomeni con i quali la Rmn non ha nulla in comune.