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SOVERATO (CZ) – CASO TORTORA: COM’E’ DIFFICILE DIFENDERE UN INNOCENTE

Incontro con l’avvocato Armando Veneto promosso dal Centro Studi Caporale

Articolo e foto di Gianni ROMANO (Il Quotidiano del Sud)

SOVERATO (CZ) –  1 MARZO 2017 –  Il 20 febbraio 1987 Enzo Tortora fece ritorno nelle case degli italiani con la prima puntata del nuovo Portobello; dopo quattro anni di via crucis per un accusa di affiliazione alla Camorra rivelatasi totalmente infondata esordì con poche e semplici parole “dunque, dove eravamo rimasti”.

A distanza di 30 anni, lo scorso 20 febbraio 2017 l’avvocato Armando Veneto Presidente del Consiglio dell’Unione delle Camere Penali Italiane, ha tenuto presso l’Istituto Salesiano di Soverato una Lectio Magistralis incentrata sulla disamina della reale situazione della magistratura e degli “orrori” giudiziari.La manifestazione promossa dal Centro Studi Politico-Sociali Don Francesco Caporale è stata moderata dal dott. Fulvio Scarpino ed ha visto, inoltre, la partecipazione dell’avv. Francesco Pullano Componente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catanzaro e dell’avv. Francesco Saverio Macrina Presidente della Fondazione San Tommaso Moro.

Prendendo spunto dalla drammatica vicenda giudiziaria di Tortora – Venerdì 17 giugno 1983: il volto di “portobello”, Enzo Tortora, viene svegliato alle 4 del mattino dai Carabinieri di Roma che lo arrestano per traffico di stupefacenti e associazione di stampo camorristico. L’accusa si basa su un’agendina, trovata nell’abitazione di un camorrista, con sopra un nome scritto a penna ed un numero telefonico: in seguito le indagini calligrafiche proveranno che il nome non era Tortora bensì Tortona e che il recapito telefonico non era quello del presentatore. Il 29 maggio dell’‘82 il Parlamento italiano aveva votato la cosiddetta “legge sui pentiti” che prevedeva possibili riduzioni della pena a chi decideva di “collaborare” con lo Stato nella lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata.

Michele Morello, il Giudice del processo d’Appello di Tortora, spiega: «Non si aveva ancora l’esperienza di questi pentiti…persone che non erano come i terroristi o come (non vorrei bestemmiare) i mafiosi, che hanno un’ideologia, sballata, come volete voi , ma comunque un’ ideologia; questi erano senza ideologia, senza niente, non avevano niente da perdere…». E proprio perché non si ha nulla da perdere, ma tutto da guadagnare, nel processo a Enzo Tortora sono i pentiti, che arrivano ad essere ben 19, a fare il suo nome. Tra questi ci sono:- Giovanni Pandico, in carcere da 13 anni dove diviene lo scrivano e il segretario di Cutolo.

Egli fa il nome di Tortora solo al quarto interrogatorio dove, in un elenco di malavitosi, lo cita al sessantesimo posto con il titolo di camorrista “ad honorem”. Le perizie psichiatriche descrivono Pandico come “uno schizoide affetto da paranoia, uno psicopatico abnorme, una di quelle persone che a causa della loro anormalità soffrono e fanno soffrire la società”. – Pasquale Barra, nativo di Ottaviano, portavoce di Cutolo, definito il “boia delle carceri” o “ ‘o animale”, per la crudeltà con cui uccide le sue vittime. Questi decide di pentirsi in seguito a uno sgarro subito dallo stesso Cutolo, affermando che l’unico modo che aveva per salvarsi era affidarsi ai giudici.

Per 17 interrogatori, nonostante gli fosse stato mostrato l’elenco compilato da Giovanni Pandico, non fa mai il nome di Tortora, finché poi, al diciottesimo, improvvisamente cambia idea. – Gianni Melluso, detto “il bello”, uomo intelligente e calcolatore. Fa il nome di Tortora solo 7 mesi dopo l’arresto del presentatore genovese. Il numero dei pentiti che fa il nome di Tortora arriva a 19, e se le accuse inizialmente sono generiche e piene di contraddizioni, con il tempo si fanno sempre più dettagliate: questo a causa del fatto che i pentiti potevano parlare tra di loro, scambiarsi opinioni; durante i processi, per esempio, quando si ritrovavano tutti nella stessa cella.

Il 17 settembre dell’‘85 viene condannato a dieci anni di carcere. Rinunciando all’immunità parlamentare l’ex presentatore resta agli arresti domiciliari. Nelle motivazioni del hanno dichiarato il falso sperando in una riduzione della loro pena, oppure al fine di trarre Per l’Avv. Veneto i suoi ordini si esprima contro il cittadino, noi dobbiamo avere una giustizia penale che, nel processo, esprima il massimo di garanzia e rispetto proprio per il nemico”.

Al termine dell’incontro l’avv. Francesco Pullano, da fine oratore, ha ripercorso le tappe della carriera dell.On Veneto ed ha conferito al Penalista un riconoscimento per aver dato prestigio e onore alla Calabria ed a tutti i calabresi.