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SAN VITO SULLO IONIO (CZ) – CASALINUOVO, IL SOLDATO SIMBOLO DI FEDELTÀ

È fascista della prima ora e repubblicano, insieme a Mussolini dal 1921 all’epilogo di piazzale Loreto. Ucciso a Dongo, sepolto provvisoriamente al campo 10 di Musocco, solo nel 1947 la sua salma sarà tumulata nella tomba di famiglia

Fonte: IL GIORNALE D’ITALIA. ORG

 SAN VITO SULLO IONIO (CZ) – 23 FEBBRAIO 2017 –  Come riporta l’edizione digitale de “Il Giornale d’Italia”, in un articolo del maggio 2014 a firma di Emma Moriconi, «lungo il porticciolo di Dongo, il 28 aprile 1945, gli uomini allineati in attesa di fucilazione sono un triste spettacolo.

 Tra essi c’è anche Vito Casalinuovo, volontario nella grande guerra, invalido, volontario nella Milizia, membro di un reparto speciale di scorta al Capo del Governo, volontario in Africa Orientale e in Spagna, responsabile del Quartier Generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, repubblicano, giudice del Tribunale Speciale Straordinario di Verona.

 Quando Mussolini, il 25 aprile 1945, lascia la Prefettura di Corso Monforte, Casalinuovo è con lui. È ancora con il Duce quando la colonna che trasporta il Capo del Fascismo viene bloccata a Musso. E ancora quando avviene lo scempio di piazzale Loreto. Un uccisione cruenta, una sepoltura veloce, in quello stesso Campo 10 di Musocco che ospita i tanti morti di quei giorni. 

 Sua moglie Maria Clara, che ha vissuto quelle ore ospitata dalle suore di un convento, porterà in dono sulla sua tomba dei fiordalisi. Solo nell’ottobre del 1947 avviene la traslazione della salma, che parte con un treno merci diretta a San Vito sullo Ionio, in provincia di Catanzaro, il suo paese natale.

 Ma il mezzo viene deviato: a Roma sembra che ad aspettare il passaggio del feretro ci siano troppe persone pronte a lanciare un fiore. Quando il corpo giunge a San Vito per riposare in pace nella tomba di famiglia, ad attenderlo ci sono molti compaesani e anche tanti combattenti. La moglie Maria Clara morirà nel luglio nel 1980, trentacinque anni dopo. Due volumi, a cura di Nicola Sinopoli, figlio di una sorella di Vito e reduce di Russia, raccontano il personaggio: si tratta di “Vito Casalinuovo e il diario di Clara” e “Vito Casalinuovo – cinquantesimo anniversario”.

Era un soldato, Casalinuovo. Che aveva subito la menomazione della mano destra a causa dello scoppio di una bomba tedesca che stava smontando. Che aveva combattuto come caporale del 14 Raggruppamento Artiglieria d’Assalto in Trentino nel 1915, che era stato decorato con la medaglia di bronzo al Valore Militare nel 1917, e aveva continuato a combattere per tutta la vita.

 Rimasto orfano di madre alla tenera età di sette anni, ultimo di sette fratelli, fascista della prima ora, nel 1927 aveva fatto parte del Reparto Speciale di scorta di Mussolini dopo i quattro attentati subiti dal Duce.

Era stato comandante della Coorte autonoma di Oristano, era andato in Etiopia con la 3 Divisione Camicie Nere “21 aprile” e in Spagna con il Corpo Truppe Volontarie. Aveva comandato la 221 Legione Egea “Conte Verde” dislocata nell’isola di Rodi, e non aveva esitato a seguire Mussolini nella Repubblica sociale dopo l’8 settembre. Colonnello della Guardia Nazionale Repubblicana, nel settembre 1944 era diventato Ufficiale d’Ordinanza del Duce e con Mussolini aveva partecipato all’incontro con il cardinale Schuster e il Clnai. A piazzale Loreto sul suo cadavere fu scritto erroneamente il nome di Gelormini.

 Il suo nome è rimasto a lungo un simbolo, insieme a molti altri: quello della fedeltà fino all’ora suprema ad un uomo e ad un’idea. Un simbolo per una comunità ideale, che però non è citato in alcun libro di storia. Scrive di lui Ulderico Nisticò: “Lo storico, messa da parte ogni simpatia o antipatia personale, vuole trarre occasione […] per intuire in Vito Casalinuovo lo specchio delle inquietudini e delle speranza, delle illusioni e delle audacie di una generazione di uomini comunque capaci di combattere e morire per proprie idee. E di cui si avverte in questi nostri grigi anni una desolante carenza, che non pare possa trovare presto rimedio”».