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PRESERRE (CZ) – TENTARONO ESTORSIONE, RIDOTTA PENA RICHIESTA DA PROCURA

Il pubblico ministero aveva chiesto 7 anni. Dopo arringhe difensive, il Gup ha condannato Francesco Procopio e Teodoro Notaro a due anni ed otto mesi

di Gianni ROMANO

PRESERRE (CZ) – 20 OTTOBRE 2017 –  Il  Gup del Tribunale di Catanzaro nel pomeriggio di ieri, 19 ottobre, dopo le lunghe arringhe difensive degli avvocati,  ha condannato alla pena di anni 2 e 8 mesi di reclusione Francesco Procopio e Teodoro Notaro.

Francesco Procopio,    figlio di Fiorito classe ’53 e cognato di Michele Lentini, classe ’71, entrambi in atto detenuti, considerati gli esponenti dell’omonima cosca “Procopio-Lentini-Tripodi” con influenza nei comuni a sud di Soverato,  era stato arrestato insieme a Teodoro Notaro perché ritenuti responsabili, in concorso tra loro, di tentata estorsione aggravata dalla metodologia mafiosa nei confronti del titolare di un’impresa edile del soveratese impegnato nella realizzazione di lavori privati ed appalti pubblici. 

Il provvedimento cautelare in questione era stato emesso dopo una serie di attività investigative sollecitate dal Procuratore capo Nicola Gratteri e dalla richiesta avanzata dal Procuratore aggiunto Vincenzo Luberto e dal Sostituto procuratore Vincenzo Capomolla a seguito delle indagini condotte dalla squadra mobile di Catanzaro afferenti a una serie di atti di danneggiamento e intimidazioni, verificatesi nell’ultimo anno,  nei confronti di imprese impegnate in lavori di costruzione edile nel comprensorio dei comuni del basso versante ionico di questa provincia.

Il 19 settembre scorso il Pubblico Ministerro della DDA di Catanzaro al termine della propria requisitoria aveva chiesto una condanna di 7 anni per gli imputati.

Ma ieri il Gup di Catanzaro, nella persona della dottoressa Maiore, pur confermando l’impianto accusatorio ha ridotto di gran lunga la pena richiesta dall’ufficio di Procura condannando il Procopio Francesco ed il Notaro Teodoro a due anni ed otto mesi.

La difesa del Procopio Francesco, rappresentata dagli avvocati penalisti Maria Tassone e SergioRotundo,  ha tuttavia rilevato come le stesse intercettazioni captate e poste alla base dell’impianto accusatorio non avevano i crismi per affermare la piena responsabilità del proprio assistito nella tentata estorsione.

Il collegio difensivo inoltre, rappresentatoanche  dagli avvocati Cosimo Albanese e Cantafora per   Notaro Teodoro, ha  rilevato come la contestata aggravante del c. d. “metodo mafioso” non poteva configurarsi poiché, a detta dei legali,  dalle stesse intercettazioni ambientali e telefoniche emergeva come  la stessa parte offesa non riteneva veritiero il dato che il soggetto mandante dell’estorsione fosse Michele Lentini.

Ora si attendono le motivazioni della sentenza e gli avvocati si dicono pronti ad impugnare la stessa dinanzi la Corte d’Appello.