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IL “VALZER” DELLA VITA

Trattiamo con dignità le persone ammalate e anziane: un giorno prenderemo il loro posto

di Rossella NASSO

PRESERRE (CZ) –  20 AGOSTO 2019 – Accudisco mia nonna da sempre e solo da tre mesi me ne prendo cura in modo diverso.

Finora è stata quasi autosufficiente anche se supportata dalla nostra presenza, mia e della mia famiglia, ed ora che le forze sono crollate fisicamente, ce ne prendiamo cura in modo diverso e costante.

Fortunatamente, anche se il fisico comincia a dare segni di stanchezza e cedimento, la mente è lucida, riconoscendoci e raccontandoci ancora le tante vicissitudini che hanno attraversato la sua vita.

Mi commuovo alla fatica dei suoi racconti, per certi versi sofferti, e penso al contrario a tutte quelle persone che perdono la percezione del mondo che li circonda, dimenticandone i visi più familiari, le emozioni condivise che non si riconoscono divenendo quasi vegetali in balia della coscienza altrui; una malattia l’Alzheimer subdola che dapprima annulla i ricordi, la memoria piano piano sbiadisce fino a non riconoscere nulla di ciò che costituiva il loro mondo.

A questo proposito mi viene in mente l’episodio vissuto da un amico, il quale ha fatto i conti con questa patologia, vedendone protagonista la mamma. Lui per motivi di lavoro, fisicamente lontano, con i fratelli decide di affidarla alle cure di gente competente in una casa di riposo. Quando poteva non mancava di farle visita anche se i ricordi della mamma erano inesistenti da tempo.

 Lui era per lei uno dei tanti estranei che se ne prendeva cura quotidianamente, non certo un figlio o uno di famiglia. Un giorno mi racconta che gli capita di incontrare la mamma in una sala condivisa da altri pazienti ed altrettanti parenti.

Mentre si ripresenta alla mamma cercando di carpirne qualche ricordo, una voce incalza alle spalle dicendogli che senso abbia far visita ad una persona che non la riconosce più.

Lui,  colpito da tanta freddezza gli risponde: “è vero, purtroppo non mi riconosce più, ma io conoscevo mia madre prima che la memoria le si annerisse completamente, e la conosco oggi anche se sono io a doverle fare una carezza non ricevendone una in cambio.”

Continua dicendo che deve augurarsi di morire lucido, altrimenti cosa ne sarà di lui se oggi pensa che non valga la pena spendere un minuto accanto a qualcuno che ci ha donato la vita, ma che suo malgrado non è più consapevole di ciò che è diventato?

 Lo invita perciò a riflettere su cosa si fa per gli altri e come ci si pone… continua dicendo: “mia madre è probabilmente l’unica persona che mi mancherà sempre, non importa quanto tempo ci è stato concesso di vivere, quanta distanza ci separi perché in ogni mio sorriso o pianto c’è una parte di lei”.

Dunque trattiamo con dignità le persone ammalate e anziane, se la vita un giorno ce lo consentirà, anche i nostri passi saranno più lenti, il corpo stanco, lo sguardo appannato, la pelle rugosa e la memoria sbiadita, ma non per questo saremo da svalutare e abbandonare, perché l’amore delle persone conosciute e amate rimarrà sempre giovane.

Riflettiamo, tutto ciò potrebbe essere ad un passo da noi.