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BUON CINGHIALE A TUTTI!


Riceviamo e pubblichiamo:

PRESERRE (CZ) – 22 AGOSTO 2018 –  «Se c’è un animale che occupa stabilmente il primato delle citazioni giornalistiche e televisive, questi è senza dubbio il cinghiale, vuoi per i danni che provoca all’agricoltura, che per gli incidenti automobilistici di cui si rende involontario protagonista.

Da anni gli agricoltori invocano provvedimenti radicali e non si può dire che la politica sia stata a guardare, anche se, a giudicare dai risultati, il bilancio è del tutto fallimentare. E sapete perché? Perché si continua ad affidare la “soluzione” del problema a chi ha tutto l’interesse (per certi versi legittimo) a non risolverlo. L’ho detto e ripetuto in innumerevoli occasioni, ma, alla luce dei fatti, sembra che in Calabria ci sia una particolare e irrinunciabile predisposizione a perseverare nell’errore, specie quando “conviene”.

A leggere i documenti relativi ai piani di abbattimenti selettivi approvati dalla Regione, c’è solo da trasecolare, ma è proprio in seguito all’esame di questi atti che, finalmente (e grazie all’Avv. Calzone del WWF di Vibo che ne ha fatto richiesta) possiamo dar conto dei “risultati” di tali campagne , nonché dell’andamento degli abbattimenti generali effettuati durante il normale periodo di caccia e quindi inquadrare il problema cinghiale in un contesto più razionale rispetto ai troppi luoghi comuni  e alle autentiche invenzioni che circolano a ruota libera, senza un minimo di riscontro scientifico.

Come il presunto “raddoppio dei cinghiali in un anno” dichiarato dall’onorevole di destra o il fermo del piano di abbattimenti, causato dalla richiesta di accesso agli atti da parte del WWF, propalato dal sindaco di sinistra. Nel primo caso siamo ansiosi di sapere quanti sono i cinghiali “raddoppiati” rispetto a un anno fa…, quanto al secondo, dapprima ignari del successo della nostra iniziativa, abbiamo comunicato agli amici NO TAV che bastava chiedere i documenti della Torino-Lione per bloccare tutto ed evitare anni di polemiche e di scontri con la Polizia. A saperlo prima!

Un piccolo passo indietro: con un comunicato stampa del 7 dicembre del 2011, la provincia di Vibo annunciava solennemente che, con gli abbattimenti selettivi, il numero degli ungulati nelle campagne vibonesi si sarebbe normalizzato “nel giro di poco tempo” e che i problemi alle colture agricole sarebbero potuti diventare “presto solo un ricordo”. Purtroppo l’entusiasmo iniziale si è subito affievolito visto che, da allora, gli abbattimenti “extra”, cioè a caccia chiusa, rispetto a quelli ben più massicci del trimestre venatorio (ottobre-dicembre), sono continuati e sono ancora in atto (ma forse sette anni sono troppo pochi per la ex Provincia vibonese).

Un piano di abbattimento che si rispetti dovrebbe partire da una stima il più possibile attendibile della densità di cinghiali presenti (capi/unità territoriale), dalla definizione della densità-obiettivo da raggiungere o, eventualmente, della completa eradicazione della specie dalle zone non vocate, adeguando il piano di anno in anno sulla base delle consistenze stimate e dei risultati conseguiti (andamento dei carnieri).

Ebbene, in merito alla presenza del cinghiale (introdotto, ricordiamolo, dalle province con il plauso dei cacciatori a corto di pennuti da sparare e più interessati a più redditizi cosciotti e pappardelle), la Regione ha approvato due piani di abbattimento selettivo, uno per l’annualità 2016/17 e un altro per il 2018 (in corso!) che sono praticamente …identici!

Sissignori: per una specie che è la più mutevole dal punto di vista demografico, si fa un copia-incolla di un piano basato sui dati di quattro anni prima, e lo si ripropone per l’anno successivo.

La prova? Il piano di abbattimento 2016/17 (registro dei Decreti dei Dirigenti della Regione n. 9419 del 4/8/2016) prevedeva l’abbattimento di 3375 cinghiali, che è esattamente lo stesso numero previsto per il 201! (Decreto n.2780 del 3/4/2018).

Risultato: su 3375 cinghiali che si dovevano uccidere nel periodo luglio 2016/luglio 2017, ne sono stati abbattuti 384, cioè poco più del 10%.

Un fallimento, direte voi, mentre secondo la Regione il piano, “per grandi linee” (?) “ha conseguito l’obiettivo prefissato, vale a dire quello di fronteggiare lo sproporzionato aumento della popolazione di cinghiale, ad un livello sostenibile per l’ecosistema ed a limitare i danni arrecati alle colture agricole”.

A questo punto la domanda (ri)sorge spontanea: se, come sostiene la Regione, tutto è andato liscio come previsto, il numero dei cinghiali si è ridotto e i danni sono stati limitati, perché gli agricoltori continuano a lamentarsi? E se, viceversa, non tutto è andato per il verso previsto, perché si ripropone un anno dopo lo stesso piano fallimentare?

Verrebbe dunque da pensare che, visto il numero preciso di cinghiali da eliminare (3375) calcolato per raggiungere una popolazione “accettabile”, la Regione abbia anche calcolato il numero di cinghiali in circolazione, ma in tal caso ognuno è libero di “dare i numeri” (20.000, 100.000, un milione? Vince chi la spara più grossa).

E qui scopriamo altre sorprese: prendendo come dato di riferimento il numero dei cinghiali abbattuti in tutta la regione dalle 560 squadre di cinghialai per l’anno 2013/14, pari a 13.500 capi, scopriamo che nel giro di tre anni (stagione 2016/17) il numero si è più che dimezzato (6.059 capi abbattuti)!

Se dunque dovessimo fare riferimento alle variazioni annuali dei carnieri, verrebbe da dire che il cinghiale…è in diminuzione! O forse la colpa è della psicosi della tubercolosi che ha indotto molti a crescersi un porcellino domestico pur di avere salsicce e soppressate più “tranquille”?

Sia come sia, la stessa Regione Calabria, sulla base dei prelievi effettuati, ha calcolato una densità minima di circa 4,8 cinghiali ogni cento ettari, che è di poco inferiore alla media europea che è di 5 capi /100 ettari (cfr.

Linee guida ministeriali per la gestione del cinghiale 2003); per non parlare della densità calcolata da Franco Perco (cacciatore) per gli ambienti mediterranei (da 2-4 a 5-10 (fino a 25) capi per 100 ettari) (cfr. Ungulati, Lorenzini Edit.,1987).

Da sottolineare inoltre che per due annate (2014/15 e 2015/16) né le Province, né gli ATC hanno fornito i dati sugli abbattimenti e quindi sull’andamento delle popolazioni.

Ma tanto, a che serve? Ormai è un disco incantato, per cui al primo branco di cinghiali avvistato, fotografato e “postato” si continuerà a ripetere che i cinghiali sono in aumento, che siamo invasi dai cinghiali e che bisogna prendere provvedimenti a suon di fucilate, ma non con le catture nei “chiusini”, perché altrimenti il gioco finisce.

La Regione continuerà ad accontentare sia i cacciatori, che, oltre a votare, versano ogni anno bei quattrini di tasse, per cui avranno i loro canonici tre mesi di caccia (tranne a Gennaio, sennò si uccidono le scrofe incinte e viene meno la materia prima) sia i selettori che continueranno a fare il tiro a segno a caccia chiusa. Così ogni volta si farà credere agli agricoltori di aver risolto il problema.

E allora, di nuovo, buon cinghiale a tutti!»

Pino Paolillo – WWF Calabria 

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